domenica 6 dicembre 2009

Classic quiver italian style

È una sera di ottobre del 1999. Le giornate si sono accorciate e alle nove è già buio quando le mani di Piero Lacorte estraggono da una busta gialla imbottita una videocassetta. Sullo sfondo bianco della copertina risalta un patchwork di immagini. Un quiver, il ritratto di una bambola di porcellana, il kelp, Takayama nella sua shaping room…
Quando parte il videoregistratore è un controluce sfocato di Joel Tudor ad aprire il sipario del Rinascimento del surf. Ci guardiamo negli occhi consapevoli che quello che stiamo condividendo non è il solito surf-movie ma un punto di svolta nella storia del surf italiano. È proprio la visione di The Seedling che in Italia apre la mente di molti giovani verso un nuovo modo di interpretare il surf orientato al passato e alla tradizione. Quando The Seedling viene distribuito nel mondo, il movimento è già maturo in California. È Joel a risvegliare la coscienza del surf dall’incubo degli eccessi, riportandolo ad un estremo tradizionalismo: le tavole si allungano, si allargano, si appesantiscono, le pinne tornano ad ancorare la tavola alla schiuma. E quando le onde non sono adatte al longboard, si sfoderano misure e forme alternative, dapprima egg e tavole corte single-fin della shortboard revolution di prima generazione, poi twin-fin swallow tail, quad e bonzer. Non è la manovra sensazionale ad emozionare ma la costante ricerca del trim, in un saliscendi ordinato più simile all’arte coreografica che non allo sport.
Mentre in California il “risveglio” viene considerato un revival del passato, in Italia questo fenomeno rappresenta una vera e propria nascita, l’alba di un nuovo giorno illuminato dallo stile di Lance Carson, David Nuuhiwa, Miki Dora, Phil Edwards. Inizia quindi la ricerca di qualsiasi supporto utile a studiare quei movimenti morbidi, composti, con le braccia basse e quando iniziano ad arrivare i primi “legni” dall’America, si scopre finalmente che quelle tavole pesanti, larghe e dritte, influenzano molto i movimenti e lo stile di chi le utilizza, come guidate dall’anima stessa di chi le concepì o le usò negli anni sessanta. È nel momento in cui l’intuizione supera la ragione che questo tipo di tavola prende vita ed inizia a guidarti verso un ideale sublime di estetica ed armonia con gli elementi, come in una teoria del romantico Shelling, secondo cui l’Assoluto è raggiungibile solo attraverso il sentimento, al di là dell’opera mediatrice della ragione.
Nel surf classico, la tavola è un mezzo attraverso il quale fondersi con l’onda, diventare un tutt’uno con l’acqua. Raggiungere il trim è stabilire una congiunzione con il passato e le origini di questo sport, quando sulle tavole “olo” non contavano le evoluzioni ma quanto si riusciva a rimanere in piedi e farsi trasportare dall’oceano. È il puro “scivolare sull’acqua”. Dopotutto l’essenza più profonda del surf è questa. La parola hawaiiana “He'e nalu” rappresenta nel modo più poetico il suo significato: il gesto di scivolare sull’acqua e fondersi con essa, tornando alle proprie origini di uomo racchiuso in un ventre d’acqua salata.
Quando internet non era così diffuso come oggi, tendenze e culture viaggiavano solo sulla carta stampata o grazie all’esperienza di chi veniva in contatto diretto con queste realtà durante un viaggio all’estero, soprattutto in California, Australia o le più vicine coste atlantiche dell’Europa. È anche merito di chi per primo tornò in Italia con una o più di quelle tavole che il cosiddetto “movimento retrò” ha preso piede. Oggi che l’utilizzo del web è così comune, internet è diventato una fonte d’ispirazione insostituibile e un mezzo con cui anche le differenti culture sviluppate nel mondo del surf possono fondersi in un'unica corrente. Così, una nuova generazione di geni è pronta a reinventare il surf classico e stravolgere i suoi canoni estetici. Personaggi creativi e poliedrici si conquistano la scena reinterpretando in chiave moderna lo stile di miti degli anni sessanta come l’australiano Ted Spencer, protagonista dei film di Witzig e Greenough o di leggende come Steve Bigler e Dewey Weber. Tavole con pinne flessibili, partenze svogliate e manovre apparentemente casuali, con quel braccio posteriore sempre alzato, come a voler battere il cinque agli stessi protagonisti del passato a cui si ispirano. Alex Knost e Robin Kegel sono i portabandiera della new-old-school. In questa fase, nessuno si vuole più riconoscere sotto lo stereotipo di “surfer” o “longboarder”, perché il surf invade gli spazi ed influenza tutte le espressioni artistiche, dalla musica alle arti visive, penetrando nei tessuti sociali ed unendo tutti sotto gli stessi ideali.
Ciò che conta non è il mezzo che si usa sulle onde ma il tipo di connessione che questo riesce a stabilire tra noi e il mare. Tavole lunghe, corte, egg, bonzer, fish, hulls, alaia, bellyboard, handplanes, sono tutte opportunità per trarre il meglio da quello che ci offre ogni giorno Madre Natura.

Armando Pucilli, Dreams Up Life n. 11/2009

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